Fino all'inizio del Novecento il paesaggio montano del Pedemonte e del Massiccio del Grappa era molto diverso da quello attuale. Sui rilievi erano praticamente assenti i boschi di alto fusto, salvo pochi residui di un patrimonio boschivo ormai interamente sfruttato. I terreni montani erano tenuti sgombri da alberi e arbusti per privilegiare la produzione di foraggio e il pascolo. Il patrimonio boschivo residuo era costituito essenzialmente da bosco ceduo destinato al taglio per la produzione di legna da ardere e di legname da piccola opera.
Questa caratteristica del territorio è ben documentata dalle immagini artistiche e fotografiche fino all'inizio del Novecento.
Un dipinto ad acquerello della metà dell'Ottocento che ritrae l'abitato di Colmirano visto dalla riva di San Vittore mostra che le montagne erano completamente prive di alberi di alto fusto.
La stessa situazione è evidenziata in un montaggio fotografico realizzato dall'esercito austriaco nell'estate del 1918 che mostra i crinali del massiccio del Grappa prospicienti la conca di Alano completamente privi di boschi. Questi ultimi sono relegati nelle valli e nei pendii più scoscesi, inadatti al pascolo e alla produzione di foraggi.
Componente fondamentale dell'economia montana è sempre stato l'alpeggio, che nella conca di Alano, fin dall'epoca veneziana, si è giovato dell'esistenza di un elevato numero di malghe di proprietà comunale. Le prime notizie degli alpeggi sul Grappa datano al 1401, quando Lodovico Morosini, podestà e capitano di Treviso, e Antonio Corner, podestà di Asolo, in qualità di giudici delegati dal senato veneziano, esaminarono una disputa insorta tra i comuni di Alano e di Possagno sui confini del monte Arcasio (oggi Archeson). Alla pronuncia della sentenza nella chiesa di San Pietro di Petrarubea (Pederobba) è presente Antonio Rocchesan da Colmirano.
Sulla Sella di Archeson, a 1461 metri di altitudine sul Massiccio del Grappa, si trovano i resti (oggi ristrutturati) della dimora alpina fatta costruire all'inizio del Novecento dal conte Giuseppe Volpi di Misurata, il potentissimo nobiluomo, industriale e uomo d'affari veneziano che fu soprannominato "l'ultimo doge".
Durante la Grande Guerra la costruzione fu utilizzata dagli italiani come ospedale da campo. Dopo la guerra i Volpi vendettero la casa che fu trasformata in albergo-sanatorio antitubercolare. Nel biennio 1944-45 fu la base della brigata partigiana "Italia Libera Archeson".