L'Economia

La manifattura della lana

La manifattura della lana, già presente in tutto il Pedemonte Veneto fin dall'epoca venetica preromana, subisce un forte impulso a partire dal Quattrocento, quando il territorio entra a far parte stabilmente della Repubblica Serenissima. Le abbondanti produzioni laniere danno luogo allo sviluppo della manifattura dei tessuti che raggiungono livelli qualitativi tali da essere richiesti sui mercati europeo, nord-africano e mediorientale. Nel Seicento, circa il 67% della produzione tessile laniera del territorio di Treviso proveniva dall'area pedemontana compresa tra Asolo e Quero.

Tradizioni antiche

La manifattura della lana è parte integrante dell'economia del Veneto fin dall'epoca preromana,  quando la produzione laniera era concentrata essenzialmente nella fascia prealpina e pedemontana e la manifattura dei filati e dei tessuti nelle antiche città venete e poi romane, prime fra tutte Vicetia (Vicenza) e Patavium (Padova).
Le manifatture producevano tessuti a filo unico per il vestiario ma anche tessuti pesanti per altre applicazioni. Il poeta Marziale annota scherzosamente in un epigramma che i tessuti a tre capi fatti a Padova erano così spessi che per tagliarli ci voleva la sega.
La tradizione laniera nel Pedemonte Veneto, e in particolare in quello vicentino e trevisano, emerge pressoché intatta dal periodo medievale e conosce una nuova fase di sviluppo in epoca veneziana a partire dal Quattrocento.

Jacopo Da Ponte detto Bassano, Pecora e agnello, 1576

L'età comunale

Dall'epoca comunale le manifatture laniere cittadine sono inquadrate con loro statuti peculiari nei collegi (o scole) delle arti e dei mestieri. In epoca veneziana gli statuti furono sottoposti a revisione da parte dei magistrati della Dominante allo scopo di eliminare alcuni caratteri corporativi e protezionistici tendenti a privilegiare le manifatture cittadine a danno di quelle rurali. Gli statuti dell'arte laniera di Treviso dell'inizio del Quattrocento vietavano addirittura la produzione laniera all'esterno delle mura di Treviso e delle città murate di Asolo, Castelfranco, Conegliano, Bassano, Serravalle e Ceneda.
La modifica degli statuti dette un significativo impulso allo sviluppo della manifattura diffusa nella fascia pedemontana. Il controllo delle produzioni avveniva attraverso la bollatura, ovvero l'apposizione fisica di bolli a filati e tessuti a fronte del pagamento dei dazi di produzione previsti per i diversi prodotti.
I primi centri preposti alla bollatura nel Pedemonte del Grappa furono stabiliti a Mussolente, Castelcucco, Cavaso, Quero e Vidor. Ciascuno di essi aveva giurisdizione sui prodotti del rispettivo circondario e riferiva alla camera fiscale di Treviso.
L'ultima offensiva dei lanaioli cittadini si esaurì nel 1519, subito dopo la Guerra cambraica, quando fu il doge Leonardo Loredan in prima persona a respingere, e stavolta in via definitiva, l'ennesima richiesta di Treviso di vietare la produzione all'esterno delle città murate.
A partire da quel momento lo sviluppo delle produzioni laniere non ebbe più alcuna limitazione e all'inizio del Seicento la produzione delle manifatture rurali sorpassò quantitativamente quella delle manifatture cittadine. 

Cardatrice per lana

Lo sviluppo in Terraferma

Un ritorno di fiamma del protezionismo cittadino si ebbe nel 1629-30, quando un'epidemia di peste colpì Treviso. Molti abitanti morirono e un numero ancora maggiore si trasferì in campagna per evitare il contagio. Treviso perse i due terzi degli abitanti, circostanza che gettò l'economia cittadina in una crisi profonda.
Nel 1630 i rappresentanti delle manifatture rurali si riunirono a Quero e da qui si recarono a Venezia per scongiurare le pretese di Treviso di limitare le produzioni rurali. Vi riuscirono ancora una volta, anche perché la Dominante aveva tutto l'interesse ad incrementare le produzioni, che costituivano oggetto di lucrosi traffici commerciali  attraverso l'esportazione nell'Impero asburgico, in Germania, in Dalmazia, nel Basso Adriatico, nel Nordafrica e nel Medio Oriente.
Nel corso del Seicento i centri di bollatura si moltiplicarono parallelamente alle produzioni. Si trovavano a Treviso, Caerano, Quero, Asolo, Fener, Castelcucco, Valdobbiadene, Crespano, Cavaso, Valmareno, Pieve di Soligo e Mel. Delle unità tessili bollate dalla camera fiscale di Treviso, circa il 67% proveniva dalla zona pedemontana compresa tra Asolo e la conca di Alano e Quero.

Filatura della lana

La concorrenza estera

La manifattura della lana continuò a svilupparsi nella Terraferma fino alla metà del Seicento, quando sul mercato estero apparvero i tessuti di lana prodotti nel Regno Unito e in Olanda, fatti con lane più pregiate, più leggeri, più colorati e più economici. La produzione laniera veneziana cominciò allora a rallentare, anche perché gli stessi mercanti veneziani trovarono conveniente approvvigionarsi dei tessuti inglesi e olandesi da esportare in Oriente.
All'inizio del Settecento le manifatture del Pedemonte del Grappa dovettero riorientarsi, al fine di imitare le nuove produzioni. Per questo assunsero specialisti olandesi e iniziarono ad utilizzare lane importate dalla Spagna, determinando così una crisi nel settore dell'allevamento ovino. La riconversione ebbe tuttavia successo e l'industria laniera pedemontana continuò a prosperare erodendo ulteriori quote di produzione alle manifatture cittadine.
Ma a metà del Settecento la manifattura veneta della lana si scontrò sui mercati di esportazione con nuovi prodotti provenienti dalla Francia. E stavolta non riuscì a fermare il declino, che subì una ulteriore accelerazione dopo la caduta della Serenissima.

Telaio per la tessitura della lana