Personaggi

Luigia Codemo Gerstenbrand


Luigia Codemo Gerstenbrandt (Treviso 1828 - Venezia 1898) è stata una scrittrice italiana autrice di racconti, romanzi, poesie e testi teatrali di ambiente contadino spesso a sfondo patriottico.
Nata e cresciuta in una famiglia di intellettuali, compì frequenti viaggi in Italia e all'estero, studiò pittura a Firenze ed ebbe occasione di conoscere e frequentare alcuni fra i più importanti letterati del XIX secolo, quali Manzoni, Tommaseo e Giusti. Nel 1851 si trasferì a Venezia dove sposò il cavaliere Carlo Gerstenbrandt.

Nel 1856 la Codemo pubblicò il suo primo romanzo, Le memorie d'un contadino, il primo di moltissime opere che si distinsero per l'impostazione patriottica a favore dell'indipendenza italiana. Fu soprattutto grazie a questa impostazione che la Codemo fu annoverata tra le maggiori scrittrici della letteratura veneta dell'Ottocento. Ma le sue opere, non eccelse per originalità e stile, furono rapidamente dimenticate dopo il periodo risorgimentale.
Nel suo racconto Un ritratto d'ignoto, pubblicato nel volume Scene e descrizioni illustrate (Visentini, Venezia 1871), narra la vicenda di tre gentiluomini, il conte Aurelio e i suoi giovani figli, Antonio e Luigi, che, partendo da Onigo, si recano a porgere le loro condoglianze al nobiluomo proprietario del palazzo di Colmirano (di cui l'autrice tace il nome) che ha appena perso il suo unico figlio maschio, morto cadendo da cavallo nel cortile di casa.
Un passo del racconto, ambientato nel 1849, descrive l'aprirsi del paesaggio di Colmirano per chi proviene dalla strada che proviene da Onigo:

Dove i tre torrenti Ornigo, Calcino e Tegorzo si uniscono, o a meglio esprimersi, dove i due primi vengono a perdere il loro nome, e, quasi si direbbe, la loro personalità, per lasciare che il Tegorzo continui solo la sua via, ci ha una specie di piazzale, una gran conca: la qual non è che una valle costituita, come ogni altra, da letti di torrente e da chiostre di montagne, che vi fanno parete.
Qui appunto, per la riunione dei torrenti, la valle ha tre bacini, e si divide nelle tre valli di S. Lorenzo, del Calcino e del Tegorzo. Vorrei nominarvi distintamente anco le montagne, ma di preciso non ho potuto ritenere le notizie dei paesani, poco esatte; né sono sempre identiche le indicazioni delle carte.
A udire quei nomi, profferiti dalla gente del luogo, e' vi fa talvolta confusione. Ornik, Tegorz, Calzin, el Piz, la Barbeghera, Schievenin, Scatton... ed altri su questo gusto. 

Un secondo passo del racconto descrive la chiesa di Fener:

In un giorno piovigginoso, non molto più di quindici anni fa, tre signori, due più giovani ed uno più vecchio, giunsero a cavallo dalla strada maestra al punto dove si discende, e s'imbocca la valle, per poi voltare e prender la via d'Alano, Colmirano e Campo.
Ma, prima di calar giù, si fermarono sotto una bella chiesetta, che sorge in un rialzo a lato della strada; al piede voglio dire della montagna, da cui essa strada è fiancheggiata, a sinistra di coloro che vanno.
D'accosto alla chiesa sorge, e si slancia un abete nero, diritto, magnifico: poco più oltre, istessamente sul sagrato, tappezzato di verde, c' è un capitello; ossia un tempietto bianco, tutto aperto, e che maggiormente illeggiadrisce la piccola scena...
Un punto perduto nel mondo! Ma un di quei siti romantici e vaghi, al passare davanti i quali si prova un desiderio di star là, di viverci sempre, come in asili di riposo e di calma. Con questo sentimento lo contemplarono i nostri tre viaggiatori.

Frontespizio dell'opera di Luigia Codemo Gerstenbrandt Scene e descrizioni illustrate (Visentini, Venezia 1871)

La piazza di Onigo a metà dell'Ottocento

La chiesa di Fener nel 1910