Il Territorio

Il paesaggio rurale

Nel periodo che va dal 1400 al 1900 l'aspetto del paesaggio del Pedemonte Veneto è dovuto all'affermarsi di un'architettura del territorio funzionale allo sviluppo delle attività agricole. Un aspetto particolare di questa architettura è la cosiddetta "piantada alla veneta", che conferisce alle campagne un aspetto peculiare. L'architettura del territorio pedemontano culmina nel Cinquecento con l'affermarsi delle ville di campagna di concezione palladiana, che sposano i canoni estetici dell'abitazione signorile con quelli funzionali della villa rustica.

Le viti maritate

Fino alla metà dell'Ottocento la coltivazione della vite a filari era pressoché sconosciuta. Di norma la vite era piantata accanto ad un albero destinato a farle da supporto. Le viti crescevano arrampicandosi sugli alberi e i grappoli si sviluppavano e maturavano penzolando dai rami. Questa tecnica di coltivazione, chiamata vite maritata, fu praticamente l'unica ad essere utilizzata dall'epoca romana fino a metà dell'Ottocento.
All'inizio del primo libro delle Georgiche Virgilio ci informa che i Romani preferivano maritare le viti ad alberi di olmo. Nel Veneto medievale si usavano come supporto alberi da legna a crescita rapida (olmo, pioppo, ...), alberi da frutto (melo, pero, pesco, ciliegio, ...) o alberi funzionali alle attività agricole.
A partire dal 1400, con il progressivo diffondersi della manifattura della seta, il supporto elettivo delle viti divennero i gelsi (morèr) le cui foglie erano indispensabili per l'allevamento dei bachi da seta. Anticamente le viti erano semplicemente addossate agli alberi. Poi , nel medioevo, cominciarono ad essere utilizzate tecniche di collegamento delle viti maritate ad alberi adiacenti, con la comparsa degli antenati di quelli che in seguito sarebbero diventati i filari.

Viti maritate a gelsi nella campagna padovana in un dipinto del 1782 (John Robert Cozens, Vista da Villa Mirabella, Victoria and Albert Museum, Londra)

Viti maritate a gelsi e collegate tra loro a filare

Le specie arboree funzionali

Le specie arboree utilizzate come supporto per le viti maritate erano gelsi, alberi da frutto o alberi a rapido accrescimento per la produzione di legname. Altre volte si privilegiavano alberi che avevano caratteristiche funzionali utili nell'ambito delle attività agricole. Tra questi una posizione privilegiata spettava ai salici (sarghèr), i cui rami potevano essere impiegati per realizzare legature, in un'epoca in cui corde e spaghi erano merce pregiata alla portata di pochi.

Legatura realizzata con un ramo di salice snervato

La piantada veneta

L'esigenza di maritare le viti portò allo sviluppo della cosiddetta piantada veneta, che consentiva di utilizzare il terreno agricolo per tre coltivazioni contemporanee: la vite, l'albero tutore  (da frutto, da foglia, da legname o funzionale) a cui la vite era maritata e le specie vegetali (foraggi, patate, legumi, ortaggi, etc,) che potevano essere coltivate tra due file consecutive (piantade) di viti maritate.
La piantada costituì in tal modo l'unità agricola fondamentale che finì col ricoprire l'intera campagna veneta pedemontana, lasciando alla pianura le colture di tipo intensivo. La sua affermazione fu tale che ancora oggi è possibile riconoscerne le caratteristiche in molte zone.

La struttura caratteristica delle antiche piantade  con viti maritate a gelsi è tuttora ben riconoscibile in molti punti della campagna veneta
La civiltà contadina veneta del Cinquecento è documentata nelle opere di Jacopo Da Ponte, detto Jacopo Bassano. In figura, Il mercato piccolo

La villa palladiana

La nascita e lo sviluppo delle ville palladiane, che tanta parte ebbero nello sviluppo del paesaggio rurale pedemontano, è strettamente connessa all'impulso che le ricche famiglie patrizie veneziane dettero allo sviluppo delle attività agricole nella Terraferma. La villa veneta si impose inizialmente come modello che combinava le esigenze dell'abitazione signorile con le funzionalità tipiche della fattoria agricola, dove accanto alla dimora del proprietario (nel corpo centrale della villa) trovavano posto (prima nelle ali e poi nelle cosiddette barchesse) i fabbricati funzionali necessari per l'alloggio della servitù, per l'essiccazione e la conservazione di foraggi, legumi e granaglie, per la lavorazione dei prodotti agricoli, per l'allevamento degli animali e per la fabbricazione e il rimessaggio dei veicoli e delle attrezzature.

La Villa di Maser (TV), progettata da Andrea Palladio intorno al 1550 e costruita tra il 1554 e il 1558 per la famiglia patrizia veneziana Barbaro

Il brolo

Elemento caratteristico della villa veneta era il cosiddetto brolo, denominazione con la quale si indicava l'appezzamento di terreno, talvolta recintato altre volte aperto, immediatamente prospicente, adiacente o retrostante la villa e accessibile dall'abitazione padronale. Il brolo era utilizzato come giardino decorativo ma anche per la messa a dimora di alberi da frutto, viti a pergola e per la coltivazione di essenze rare e fiori.
Il brolo è una caratteristica specifica delle ville venete che non trova riscontro nell'architettura delle ville di campagna presenti in altri territori.

Il brolo di una villa veneta

L'Arcadia

A cavallo tra Seicento e Settecento il mondo culturale italiano fu pervaso dal mito dell'Arcadia, ideale estetico fondato sulla celebrazione della bellezza del paesaggio e della semplicità pastorale.
L’Accademia d’Arcadia nacque a Roma nel 1690 nell'ambiente culturale legato a Cristina di Svezia e al  cardinale Pietro Ottoboni, ma si diffuse rapidamente anche nel mondo letterario, musicale e pittorico della Serenissima.
L'Arcadia si organizzò in Veneto attraverso la nascita delle cosiddette colonie: che si chiamarono Animosa e Partenia a Venezia, Cenomana a Brescia, Giulia a Udine, Virgiliana a Mantova, Trevigiana a Treviso e Veronese a Verona. Gli appartenenti a ciascuna colonia assumevano pseudonimi di tipo pastorale.
I pittori veneti appartenenti alla Colonia Trevigiana rappresentarono il mondo arcadico ritraendo soprattutto  i prati, le vallicelle e i boschetti di cui sono tuttora ricchi i Colli Asolani.

Paesaggio arcadico di scuola veneta del Settecento

La villeggiatura

In epoca veneziana si diffonde l'uso della villeggiatura, nuova abitudine della classe patrizia di trascorrere l'estate "in villa", ovvero in campagna. A questa nuova abitudine Carlo Goldoni dedica una trilogia delle sue commedie più celebri: Le smanie per la villeggiatura, Le avventure in villeggiatura e Il ritorno dalla villeggiatura.
Le residenze estive si raggiungevano preferibilmente risalendo i corsi d'acqua, in particolare il Sile e la Riviera del Brenta a bordo del Burchiello. La carrozza, più scomoda e meno capiente, si utilizzava solo per raggiungere le ville della Pedemontana.

Il Portello di Padova, dove ci si poteva imbarcare sul Burchiello per raggiungere la Riviera del Brenta e Venezia
Un momento della villeggiatura raffigurato in una tela del Settecento veneto. Nel 1761 Carlo Goldoni sviluppò il tema della vacanza in villa ridicolizzandone gli eccessi e le stravaganze.