La villa dei Franzoia fu progettata e costruita rispettando i canoni dell'architettura veneta del Seicento, con qualche inserimento in stile lombardo e limitati inserimenti classici, come le colonnine del secondo ordine del loggiato centrale. Lo stile complessivo della facciata di rappresentanza, di tipo rinascimentale-neoclassico, ricorda molto da vicino quello del coevo loggiato settentrionale del Palazzo del Broletto di Brescia.
Secondo l'immagine riprodotta in un acquerello della metà dell'Ottocento, i corpi di fabbrica che componevano le ali di servizio del palazzo dei conti Franzoia erano dipinti a fasce orizzontali di colore rosa su fondo di colore nocciola chiaro proprio dell'intonaco fatto con calce e sabbia del luogo (in lingua locale lopa), presente in grande quantità negli strati alluvionali del terreno.
Nella seconda metà del Settecento gli ambienti interni del corpo centrale del palazzo furono decorati con ornati del pittore Bernardino Castelli (1750-1810) cui la famiglia Franzoia commissionò la decorazione dei locali.
Bernardino Castelli, nato il 15 giugno 1750 ad Arsiè da Francesco Castelli e Maria Elisabetta Forcellini di Colmirano, aveva studiato pittura a Feltre alla scuola di Giovanni D'Antona. Il canonico Alvise Franzoia, fratello del capofamiglia Giovanni Battista, impressionato dalla qualità delle decorazioni realizzate dal giovane, decise di condurlo con sé a Treviso dove lo presentò al vescovo Paolo Francesco Giustinian (1715-1789), che accettò di prendere il giovane pittore sotto la sua protezione.
Grazie al successo del ritratto del vescovo Giustinian, che lo volle ripetuto per ogni parrocchia della sua diocesi, Bernardino Castelli emerse a Treviso come abile ritrattista e divenne rapidamente uno dei ritrattisti più ricercati del tempo. Dipinse anche diverse pale d’altare per la chiesa del seminario, la parrocchiale di Ravai e quella di Coste. Nel 1772, invitato dal convento domenicano di S. Nicolò, sempre a Treviso, eseguì molti ritratti di uomini illustri di questo Ordine e ne restaurò altri, ordinandoli insieme in una galleria collocata nella sala del capitolo.
Nel 1775, raccomandato dal vescovo Paolo Francesco Giustiniani al di lui fratello Antonio Giustiniani, si trasferì a Padova continuando a dedicarsi ai ritratti. Stabilitosi a Venezia, raffigurò ufficialmente i dogi Paolo Renier e Ludovico Manin e i papi Pio VI e Pio VII e nel 1782 fu accolto quale membro dell'Accademia veneziana di pittura. Antonio Canova lo invitò a recarsi a Roma, ma egli preferì rimanere a Venezia.
Dopo dieci anni di permanenza a Venezia si spostò a Bologna e divenne socio dell'Accademia Clementina. Continuò a dedicarsi anche alla pittura sacra e fu chiamato “il pittore delle belle Madonnine”. Nello stesso periodo dipinse alcuni ritratti anche per la nobiltà di Ferrara. In seguito tornò a Venezia, dove morì il 24 febbraio 1810.