Nella fascia pedemontana veneta, ma anche in pianura, lungo i corsi d'acqua principali e il canale Brentella, si sviluppano a partire dalla fine del Quattrocento numerosi opifici che funzionano grazie allo sfruttamento dell'energia idraulica.
La conca di Alano è particolarmente avvantaggiata, grazie alla numerosità dei torrenti e all'abbondanza delle acque, utilizzate all'epoca solo in minima parte per gli usi agricoli e domestici.
Nel Cinquecento le applicazioni dell'energia idraulica andavano dalle più semplici, come i mulini per la macinazione delle granaglie e la produzione di farine, a quelle di complessità intermedia, come l'azionamento dei mantici e dei magli nelle fucine da fabbro, a quelle più complesse, come le segherie dette "alla veneziana" e le cosiddette "pile a martelli" per la follatura dei panni e per la produzione della carta.
A partire dal Seicento la forza motrice idraulica fu utilizzata anche per la tessitura meccanica.
Furono quindi molte le iniziative imprenditoriali che si svilupparono fra il Cinquecento e il Settecento in questo territorio, ad opera non solo di famiglie originarie del luogo, ma anche di famiglie provenienti dal Feltrino, dal Trevisano e persino dal Friuli.
Spiccano tra le altre le iniziative imprenditoriali avviate e condotte dalle famiglie Franzoia, Pilon, Trieste, Forcellini, Bacchetti, Spilimbergo, Mozzetti, Mazzocchi, Casamatta, Banchieri e Gobbato.
L'applicazione più antica dell'energia idraulica riguarda l'azionamento delle macine per la produzione di farina a partire da granaglie e cereali secchi.
In questo caso la ruota idraulica muove un albero orizzontale sul quale è fissata una ruota a pioli.
Quest'ultima, attraverso la "lanterna" o "rocchetto", muove un albero verticale che trascina in moto rotatorio la macina mobile contro la macina fissa. Le granaglie da macinare sono versate nel foro centrale della macina attraverso una tramoggia.
Il follo da panni era costituito da uno o più pistoni verticali in legno che, attraverso un albero a camme posto in rotazione da una ruota idraulica, venivano periodicamente sollevati e lasciati cadere verticalmente in una vasca contenente tessuti di lana bagnati con acqua calda. L'azione meccanica dei pistoni e l'acqua calda inducevano nel tessuto di lana il processo di infeltrimento. In tal modo il tessuto si ispessiva e diveniva idoneo alla produzione di pannelli di feltro, tessuto per cappelli, suole e altro.
Dopo la follatura i tessuti ancora intrisi d'acqua erano appesi ad asciugare sulle cosiddette "ciodère" (chiodere), telai di legno posti al chiuso o all'aperto sui quali il processo di infeltrimento proseguiva durante l'asciugatura per effetto del sole e dell'aria.
Il maglio era un pesante martello metallico azionato da una ruota dentata mossa dalla ruota ad acqua.
Il meccanismo sollevava la testa del maglio ("testa d'asino") e la lasciava cadere sull’incudine. La testa batteva così continuamente sull’incudine, sulla quale si appoggiavano i pezzi di metallo. L’opificio era in genere completato con una fucina a mantici, che serviva ad arroventare i pezzi in lavorazione, e con diverse mole in pietra (per l’affilatura) e in legno (per la brunitura). Annesso alla fucina c’era il deposito del carbone.
La pila da cartiera a martelli multipli serviva a ridurre segatura, lino, canapa e stracci in polpa utilizzabile per la fabbricazione della carta. La ruota idraulica pone in rotazione un albero a camme. Le camme sollevano periodicamente e lasciano cadere una serie di martelli la cui testa è inserita nel mortaio contenente acqua e stracci. L'azione dei martelli tritura e rende omogenea la polpa, consentendo di produrre carta di qualità.
La sega alla veneziana aveva un meccanismo che serviva a generare il moto alternativo della sega e contemporaneamente il moto di avanzamento del tronco.
La ruota idraulica muoveva l'albero che faceva ruotare la manovella. La manovella spingeva la biella che azionava la lama, fissata in un telaio mobile che scorreva in un telaio fisso detto porta.
La sega tagliava il legno nella sua corsa verso il basso. Quando risaliva, azionava il sistema di avanzamento del carro attraverso un sistema di tiranti, puntoni, pulegge e una catena di ferro.
Quando la lama era giunta alla fine del tronco, il meccanismo di avanzamento veniva disimpegnato azionando una leva, la tavola appena tagliata veniva estratta, il carro era arretrato manualmente nella posizione iniziale, il tronco riposizionato e il ciclo di taglio ricominciava.
Per facilitare l'arretramento manuale del carro, il pavimento della segheria era realizzato con una pendenza di alcuni gradi.