L'Economia

Gli opifici sul Tegorzo

La Conca di Alano fu uno dei maggiori centri di sviluppo manifatturiero grazie all'abbondanza di corsi d'acqua sfruttabili per generare forza motrice. I principali opifici idraulici erano ubicati lungo il torrente Tegorzo, il cui sfruttamento era più agevole grazie alla portata d'acqua e alla stabilità del regime idraulico stagionale. C'erano tuttavia opifici di minore potenzialità che sfruttavano le acque dell'Ornic e del Calcino.

Gli opifici nel Cinquecento e nel Seicento

Un estimo di Treviso redatto nel 1532 conta lungo il Tegorzo undici folli, concentrati in massima parte nell'area chiamata "Contrada Folli" ubicata lungo il Tegorzo in territorio di Quero al confine con il comune di Campo, poco a valle della contrada chiamata "Sgravazzer".
Più a valle, in territorio del comune di Campo, altri opifici idraulici erano concentrati nella località chiama "Contrada Roja", la cui denominazione derivava proprio dalla presenza di una roggia derivata dal torrente Calcino e dal Tegorzo che alimentava gli opifici.
Ancora più a valle, oltre la confluenza del Calcino nel Tegorzo, in territorio del comune di Colmirano, altri opifici erano concentrati nella località chiamata "Contrada Faveri", il cui nome è un evidente riferimento alla presenza delle fucine da fabbro.
Più a valle ancora, nel territorio del Comune di Fener, poco prima della confluenza del Tegorzo nel Piave, esisteva la località chiamata "Contrada Fucine" o "Fusine" nella quale era concentrato un altro gruppo di fucine da fabbro.

Mappa del 1681 recante l'ubicazione e la tipologia dei principali opifici idraulici lungo il Tegorzo (R. Jannon, F. Trento, "Manufatti e fabbricati legati all'antico uso dell'acqua nel territorio del GAL Prealpi Dolomiti", Regione Veneto, 2011) (clicca per ingrandire)

Resti dell'antico mulino Banchieri, accessibili al pubblico presso l'area museale di San Valentino (Comitato San Valentino Quero)

Gli opifici nel Settecento

All'inizio del Settecento gli opifici idraulici presenti nell'area si erano moltiplicati fino a comprendere sedici unità produttive, alcune delle quali equipaggiate con ruote idrauliche multiple e in grado di svolgere lavorazioni diversificate.
In particolare, due mappe  relative a domande concessòrie del 1681 e del 1710 mostrano che, procedendo da monte a valle lungo il Tegorzo, il primo opificio era un "battiferro" ovvero un maglio da fabbro ubicato circa duecento metri a monte della chiesetta di San Valentino (costruita proprio in quel periodo, nel 1696) del quale le fonti non specificano la proprietà. In prossimità della  chiesetta di San Valentino si trovava, in località Laste, un mulino a due ruote della famiglia Banchieri e poi, tra le due strade che da Quero scendevano al Tegorzo, un opificio a quattro ruote (un mulino e tre folli) della famiglia Casamatta. Alle spalle di questo opificio c'era l'area in pendio in cui erano installate le "ciodère" sulle quali erano stesi ad asciugare i tessuti trattati. Più oltre si trovava un secondo opificio a cinque ruote dei Casamatta. Sulla sponda opposta del Tegorzo, alimentato da un'altra roggia, sorgeva l'opificio a tre ruote (un mulino e due folli da panni) dei Gobbato. Più tardi quest'ultimo opificio sarà gestito in società dalle famiglie Gobbato e Casamatta.
Più a valle, in località Menegotti, si trovava un follo-mulino della famiglia Mazzocco e un follo-mulino della famiglia Mozzetti.
Alla confluenza del Calcino nel Tegorzo era ubicato il Mulino Spilimbergo, che sfruttava proprio le acque del Calcino. A valle della confluenza del Calcino, in vicinanza della contrada chiamata "Case Bacchetti", si succedevano gli opifici appartenenti a questa famiglia: un maglio e un mulino lungo il Tegorzo, un battiferro alimentato con le acque dell'Ornic e infine un opificio comprendente un mulino e una sega.
Proseguendo lungo il Tegorzo si incontravano un battiferro di proprietà Forcellini, un mulino di proprietà Franzoia e un mulino di proprietà Trieste. A Fener si trovava infine una sega di proprietà Pilon che sfruttava la corrente del Tegorzo poco prima della sua confluenza nel Piave.
L'esposizione che precede fotografa la situazione esistente tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento, situazione che era comunque in continuo cambiamento, sia per il rilascio di nuove concessioni e la conseguente costruzione di nuovi opifici, sia per i passaggi di proprietà degli opifici stessi, sia per le trasformazioni che gli opifici subivano nel corso del tempo.
Risulta ad esempio dai documenti concessòri che nel 1777 una fucina da fabbro di proprietà dei Franzoia fu trasformata in cartiera a due ruote. 

Mappa del 1710 recante l'ubicazione e la tipologia degli opifici idraulici di proprietà Casamatta e Gobbato in prossimità della chiesetta di San Valentino (R. Jannon, F. Trento, "Manufatti e fabbricati legati all'antico uso dell'acqua nel territorio del GAL Prealpi Dolomiti", Regione Veneto, 2011) (clicca per ingrandire)

Ubicazione dei principali opifici idraulici censiti lungo il corso del Tegorzo a cavallo tra il Seicento e il Settecento (clicca per ingrandire)

Gli opifici nell'Ottocento

La presenza degli opifici idraulici lungo il corso del Tegorzo è riscontrabile anche nella mappa austriaca derivante dal Secondo Censimento Militare dell'Impero Asburgico, realizzata su informazioni cartografiche raccolte dall'esercito austriaco nel periodo 1818-1829. Nella mappa sono riportate tutte le località citate in precedenza, che traevano il loro nome proprio dalla presenza degli opifici. Procedendo da monte a valle lungo il Tegorzo, le località erano le seguenti:

 - Contrada Folli (o Foi), in territorio di Quero
- Contrada Roja ("roggia"), in territorio di Campo
- Contrada Faveri (o Faori), in territorio di Colmirano
- Contrada Fucine (o Fusine), in territorio di Fener

Il periodo cui si riferisce la mappa è quello che seguì la grave crisi economica che colpì tutto il Veneto durante le guerre napoleoniche, determinando una forte riduzione delle attività artigianali e industriali anche nell'area di Colmirano.

Mappa militare dell'Impero Asburgico, 1818-1829