Nella prima metà dell’Ottocento l’ala ovest del palazzo Franzoia di Colmirano fu acquistata dalla famiglia Jäger. Mercanti di origine germanica, gli Jäger si erano trasferiti a Venezia e nel 1788 avevano acquistato il cinquecentesco palazzo che la famiglia patrizia dei Giustinian possedeva nel sestiere di Cannaregio.
Palazzo Giustinian-Jäger ha l'ingresso nella Corte del Remer, mentre il prospetto principale e la darsena sono affacciati sul Rio dei Gesuiti. Oggi il palazzo è di proprietà pubblica e ospita la scuola media statale Jacopo Sansovino, il cui ingresso si trova in Rio Terà Barba Frutariol (Cannaregio 4760/A).
Nel 1808 gli Jäger, che avevano a Venezia altre case, affittarono il loro palazzo di Cannaregio alla famiglia di mercanti tedeschi Wagner. Intorno al 1820, seguendo la moda che portava i Veneziani a ricercare residenze estive in campagna, acquistarono l’ala ovest del palazzo dei Franzoia di Colmirano. Fu così che un ramo della famiglia Jäger prese dimora stabile a Colmirano.
Gli Jäger vissero a Colmirano, nell'ala ovest del palazzo Franzoia, fino al 1917, quando la Grande guerra li costrinse ad abbandonare il paese insieme a tutta la popolazione. Poi, finita la guerra, preferirono trasferirsi a Feltre, dove nel frattempo avevano acquistato una casa e aperto un'armeria.
Negli anni Venti, dopo la ricostruzione, vendettero la casa di Colmirano a Edoardo Verrati, orologiaio e commerciante di preziosi che aveva il suo negozio a Mestre. In seguito il fabbricato fu acquistato dal dottor Antonio Dal Molin, che lo adibì a sanatorio per bambini.
Durante la Seconda guerra mondiale, nel periodo 1943-1945, la casa fu adibita ad abitazione temporanea di alcuni dei quarantacinque cittadini di origine ebraica internati temporaneamente a Quero, in attesa di essere deportati. Grazie alla resistenza opposta dai funzionari pubblici locali e all'assistenza ricevuta dalla popolazione, circa la metà degli ebrei internati riuscì a rimanere a Colmirano e a Quero fino alla fine della guerra, salvandosi dai campi di sterminio.
Dopo la guerra, negli anni Sessanta il fabbricato fu acquisito da un ordine religioso e adibito, con il nome di Villa Patrizia, a casa di soggiorno e di studio per le novizie.
Illustre esponente degli Jäger di Colmirano fu Carlo Jäger, nato a Venezia il 26 aprile 1804 da Girolamo Jäger e da Anna Zambelli, di antica famiglia patrizia veneziana.
Carlo Jäger fu scrittore, storico e patriota e fu stimato da Nicolò Tommaseo. In alcuni scritti critici, Tommaseo lo definì "versificatore languido ed estenuato nelle sue novelle" ed espresse alcune riserve circa lo stile e la lingua; ma lo ritenne scrittore di alti ideali e “persona di svegliatissimo ingegno”. Scrive in particolare Tommaseo della suo rapporto con gli scritti dello Jäger: "Critica e amore sono stretti di vincolo fraterno e sovente d’odio fraterno contaminati. E la critica e l’amore veri hanno la riverenza compagna".
Nel 1838 Carlo Jäger pubblicò il racconto in versi "L'Ospite". La sua principale opera storica uscì a Venezia nel 1842 per i tipi di Giorgio Andruzzi con il titolo “Sulle istorie in generale e particolarmente sulle istorie feltrensi”. Fecero seguito altre opere storiche, tra le quali “I Sepolcri di Venezia”, il “Convivio Domestico”, “Dieci e Tre” e la “Pipeide", alcune rimaste inedite.
Nel 1848, in seguito allo scoppio della rivoluzione veneziana e della Prima guerra d’indipendenza, Carlo Jäger si arruolò come sottotenente nella II Crociata veneziana, una delle formazioni militari volontarie istituite a Venezia per difendere la città dal ritorno degli Austriaci e per combattere a fianco dei Piemontesi e dei tre corpi di spedizione partiti dallo Stato Pontificio, dal Regno di Napoli e dal Granducato di Toscana. Carlo Jäger, che per l'occasione volle aggiungere al proprio cognome la traduzione italiana, firmandosi Carlo Jäger-Cacciatori, fu inquadrato come sottotenente nella compagnia comandata dal capitano Francesco Tommaso Zerman. Con lui combatté nel Vicentino nel maggio 1848 e poi, dal giugno 1848, alla difesa dei forti della cintura di Venezia, tra cui quello di Marghera.
Il governo provvisorio di Venezia riconobbe "i servigi da lui resi con vero amore alla causa italiana". Il capitano Francesco Tommaso Zerman, che lo nominò proprio aiutante di campo, scrisse di lui: "Fu sempre attivo e coraggioso e come capo di cancelleria non si poteva meglio desiderare".
Carlo Jäger ebbe due figli: Edoardo e Clelia. Ritiratosi definitivamente nella residenza di Colmirano, vi morì l’11 aprile 1856 a soli 52 anni. Dopo la sua morte la tipografia Panfilo Castaldi di Feltre pubblicò postumi i primi capitoli della ponderosa opera “L’eccidio di Feltre”, rimasta purtroppo incompiuta.
Figlio di Carlo e fratello di Clelia, Edoardo Jäger lavorò come registratore di III classe presso l'Archivio di Stato di Venezia, che aveva sede nel complesso di Santa Maria Gloriosa dei Frari. Scrisse poesie, racconti e saggi storici e fu uno degli storici della rivoluzione veneziana del 1848.
La sua opera principale è il saggio dal titolo "Storia documentata dei Corpi militari veneti e di alcuni alleati negli anni 1848-1849", pubblicato a Venezia nel 1880. Il saggio ricostruisce la composizione e la dislocazione delle milizie volontarie e di linea istituite dopo la rivoluzione veneziana del 1848. Edoardo dedicò il volume a suo padre Carlo, ormai scomparso, con le seguenti parole:
ALLA TUA CARA E VENERATA MEMORIA
PADRE MIO
CUI FURONO SACRI
L'ODIO ALLA SIGNORIA STRANIERA
IL COMPIANTO E L'AMMIRAZIONE ALLE SUE VITTIME
A TE CHE SOFFRISTI TANTO
QUESTE PAGINE
DI UN PERIODO SFORTUNATO MA GLORIOSO
NEL QUALE
TU PURE COMBATTESTI
PER L'INDIPENDENZA E L'UNITÀ DELLA PATRIA
RICORDEVOLE DEL TUO AFFETTO E DELLE TUE VIRTÙ
CON FILIALE RIVERENZA
DEDICO
Clelia Jäger, figlia di Carlo e sorella di Edoardo, nacque a Colmirano dove visse l'infanzia e la giovinezza finché sposò Beniamino Verri, commerciante di vini e oli di Segusino.
Divenuto nel 1905 sindaco di Segusino, e riconfermato più volte negli anni successivi, Beniamino Verri dovette gestire l’esodo forzato della popolazione di Segusino quando, nel novembre 1917, in seguito alla disfatta di Caporetto, il fronte si spostò improvvisamente dal corso dell’Isonzo al massiccio del Grappa e al corso del Piave e i paesi della Conca del Piave, raggiunti dalle truppe austro-ungariche, divennero terra di nessuno. Clelia Jäger Verri aiutò allora il marito a gestire l’emergenza e l’esodo.
Il 1 dicembre 1917, mentre, sotto il tiro continuo delle artiglierie italiane, insieme a don Antonio Riva, viceparroco di Segusino, accompagnava il primo gruppo di profughi verso Feltre, Beniamino Verri fu ferito da una scheggia di granata e fu ricoverato prima all’ospedale di Vittorio Veneto e poi, il 4 dicembre, all’ospedale di Udine.
A metà dicembre Clelia, in assenza del marito, completò da sola l'evacuazione del paese accompagnando gli ultimi profughi di Segusino a Tarzo. Nonostante dovesse occuparsi anche delle sue figlie, Clelia si fece carico delle esigenze dei profughi segusinesi e cercò di tutelarne i diritti, facilitata dalla padronanza della lingua degli invasori.
Di quei giorni terribili Clelia Jäger lasciò un diario dal titolo “Anno dell’invasione nemica a Segusino dal 10 novembre 1917 al 30 ottobre 1918” pubblicato in “Un popolo in esilio. Segusino 1917-1918”, a cura di Lucio Puttin (Treviso 1983).