Il Territorio

L'origine dei cognomi

I nomi presenti in area veneta hanno origini lontane e si sono modificati più volte nel corso dei secoli. In epoca venetica le persone erano indicate con un nome proprio e un patronimico, derivato dal nome del padre. In epoca romana anche i Veneti adottarono i tria nomina secondo l'uso latino: prenomen, nomen e cognomen. Nell'alto medioevo i tria nomina scomparvero e si adottò l'onomastica barbarica: Tizio figlio di Caio da Località. Infine, dall'anno Mille in poi, cominciarono a formarsi i nomi e i cognomi moderni, che in Veneto assunsero forme particolarmente espressive tuttora in uso.

Stele funeraria di Ostiala Gallenia (Padova)

I nomi venetici

I Veneti antichi indicavano le persone con il nome proprio seguito dal patronimico (il nome del padre; per le donne sposate quello del marito) ed eventualmente dal luogo di provenienza. Nelle iscrizioni venetiche compaiono, ad esempio, nomi quali Fontei Ersinioi (Fonteio figlio di Ersinio), Regia Ommonta (Regina figlia di Ommonto) e Ostiala Gallenia (Ostiala moglie di Gallenio).

Ciottolone in pietra rinvenuto a Cartura (PD) con iscrizione venetica che riporta il nome Fontei Ersinioi (Fonteio figlio di Ersinio)

I nomi romani

Nel mondo romano, in epoca repubblicana si sviluppò un’onomastica più complessa basata sui tria nomina (tre nomi): il praenomen (utilizzato nell'ambito familiare), il nomen (quello pubblico derivato dalla gens di appartenenza) e il cognomen. Ma comprendeva anche elementi quali il patronimico (figlio di), l’eventuale cognomen ex virtute e la specificazione della tribù di appartenenza. Ad esempio, il nome del console Quinto Fabio Massimo detto il Temporeggiatore è indicato sulle lapidi commemorative come Quintus (praenomen) Fabius (nomen della gens Fabia) Maximus (cognomen) Quinti Filius (patronimico) Menenia (tribù di appartenenza) Cunctator (cognomen ex virtute). 

Raffigurazione a bassorilievo di una famiglia romana

I nomi tardo-romani

L’onomastica romana subì notevoli cambiamenti con l'intensificarsi dei rapporti con il mondo germanico, dove si usava comunemente solo il nome e il patronimico (Tizio figlio di Caio). Nel tardo impero, i numerosi esponenti di etnia germanica che ascendevano agli alti gradi dell’esercito e alle cariche pubbliche conservavano il loro nome barbarico, aggiungendo al più il titolo Flavius, ad indicare l’appartenenza alla classe dirigente. Fu questo il caso, ad esempio, del magister militum (comandante dell'esercito) Flavio Stilicone, che si chiamava in realtà Stielike, che è tuttora un cognome tedesco.
Nel tardo impero il cognomen diventò progressivamente il nome principale. I cittadini romani, che in epoca classica tenevano a distinguersi dai servi, dagli stranieri e dai barbari in base al gentilizio, alle soglie del Medioevo optarono progressivamente per il nome unico. L’invasione longobarda, che determinò il genocidio dell’aristocrazia romana, spinse ancor più in questa direzione. L’adozione del nomen unicum era ormai prassi nel VI secolo negli strati inferiori della popolazione. Solo quanto rimaneva dell’aristocrazia continuava ad usare i cognomina paterni e materni. 

Il magister militum Flavio Stilicone e la moglie Serena con il figlio

I nomi barbarici

Nell’alto Medioevo in tutta Italia finì col prevalere l’usanza barbarica del nome singolo cui eventualmente era aggiunto il patronimico e il luogo di provenienza: Tizio figlio di Caio da Località. Negli atti notarili dell’epoca, mentre per le persone di censo elevato si conserva l’onomastica latina o, in alternativa, quella germanica, la gente del volgo è indicata con un’onomastica di tipo semplificato, talvolta idonea ad identificare l’individuo in rapporto all’ambito locale. Accanto al nome proprio troviamo quindi espressioni come filius... (figlio di…), fìlius quondam... (figlio del fu ...), l’indicazione de... (da…) seguita dalla località di origine, l’indicazione qui stat... (che abita…) seguita dal luogo di residenza, oppure l’indicazione qui dicitur... (detto…) seguita dal soprannome con cui la persona era nota. 
Attorno all’anno Mille, allorché le città si ripopolarono, identificare con certezza gli individui con questo sistema divenne sempre più difficile e ciò avviò il percorso che avrebbe portato alla formazione dei cognomi moderni. 

Celebrazione di un matrimonio in epoca medievale

I cognomi moderni in Veneto

L’ascendenza paterna o materna è l’origine più diffusa del cognome. Da Johannes filius quondam Caroli (Giovanni figlio del defunto Carlo) si passa con facilità ad attribuire a Giovanni e a tutti i suoi discendenti il cognome Caroli. In questo modo si formarono cognomi che derivano da un nome, quali ad esempio Alberti, Ottaviani, Manfredi, Roberti, oppure Di Matteo, Di Pasquale, più raramente dal nome della mamma, come D’Anna e De Maria.
Molti cognomi derivano da soprannomi dati in origine con intenti diversi: per individuare, distinguere, precisare o prendere in giro o più in generale per mettere in evidenza una determinata caratteristica. Nascono così cognomi come Brutti, Belli, Biondi, Mori, Rossi, Gobbi, Bassi, Zoppi. In Veneto è piuttosto diffuso il cognome Rizzotto che deriva da "rizzo" (riccio) con riferimento al tipo dei capelli.
Un’altra origine del cognome, particolarmente importante in territorio veneto, è legata alle attività lavorative.
Dal mondo dell’artigianato e dei mestieri vengono cognomi come Bastasin (portatore), Bordignon (filatore di seta), Boscolo (boscaiolo), Botter (bottaio),  Calligaro (da calegher, calzolaio), Favero o Faoro (fabbro), Forner (fornaio), Follador (follatore), Marangon (falegname), Massaro, Masiero, Masier e Mazzier (agricoltore), Murer (muratore), Sartor (sarto), Tessaro o Tesser (tessitore), Vianello (villanello, contadino), Zago (diacono).
Dal mondo delle arti liberali e delle professioni provengono cognomi come Avogari, Banchieri, Cancellieri, Giudici, Medici, Nodari.
Ci sono poi cognomi che nascono dai ruoli pubblici e privati, dagli ordini e dalle gerarchie: Araldi, Cardinali, Consoli, Conti, Capitani, Cavalieri, Podestà, Preti, Vescovi. 

Stemmi delle corporazioni medievali di arti e mestieri

Provenienza e ascendenza

Molti cognomi indicano la provenienza da un determinato paese, da una regione, da una città, da un gruppo etnico, o derivano da toponimi che evocano luoghi, elementi geofisici, aspetti del territorio, costruzioni e punti di riferimento. Si formano così in Veneto i cognomi Pavan, Visentin, Feltrin, Furlan, Trevisan, Trentin, oppure Dalla Piazza, Dal Col, Dal Pos, Dal Canton, etc.
I cognomi veneti che terminano con il suffisso -igo, come ad esempio Barbarigo, Gradenigo, Pasqualigo, Mocenigo e altri, sono il residuo di un patronimico che deriva addirittura dall'antica lingua venetica, allorché come patronimico si utilizzava il suffisso -ikos.
Valore patronimico ha anche il suffisso -esso, che si ritrova in cognomi veneti come Bertesso, Carlesso, Nalesso, etc. Questo suffisso ha una lontana provenienza celtica, come esito di -asius.
Valore patronimico, mediato dal longobardo, hanno anche i cognomi veneti che terminano in -ante e in -ato

Giovanni Bellini. Ritratto del doge Giovanni Mocenigo

Il Concilio di Trento

L’uso del cognome si impose progressivamente, in Veneto come in tutta Europa, tra il Mille e l’inizio del 1300 e divenne obbligatorio in area cattolica nel 1545 con il Concilio di Trento, che impose ai sacerdoti di registrare i nuovi nati specificando il loro cognome, in modo da poter evitare con certezza i matrimoni tra consanguinei.
Furono dunque i parroci ad imporre in via definitiva l’uso dei cognomi in ambito locale e quindi nelle registrazioni anagrafiche. Queste ultime, per un lungo periodo, furono tenute ufficialmente dalle parrocchie. 

Una sessione del Concilio di Trento in un dipinto dell'epoca